Dopo le ultime interviste su organizzazioni del Terzo settore certificate OLC ed Enti di ricerca e Formazione, oggi intervistiamo la D.ssa Monica Melani, noto consulente del lavoro, milanese, ideatrice e conduttrice della nota trasmissione FORUM IMPRESE sulle reti Mediapason che – con le sue società – opera fortemente anche nel mondo del terzo settore.
Le richieste di approfondimento delle tematiche “Terzo settore” crescono quotidianamente ed oggi ci dedichiamo ad un aspetto importantissimo sia in tema di strategie, sia in tema di operatività. Risponderà alle nostre sollecitazioni la D.ssa Monica Melani, fondatrice e titolare dell’importante studio di Consulenza del Lavoro che prende il suo nome oltre che di altre società che completano le proposte di servizi professionali ad imprese, enti ed organizzazioni del Terzo settore come Centurion Payroll (paghe e stipendi).
D.ssa Melani, grazie a Lei innanzitutto. Come è cambiato il mondo del lavoro in particolare nel Terzo settore dopo l’entrata in vigore della riforma…peraltro non ancora completata. Quali sono secondo Lei e secondo le aziende che Lei assiste le luci ed ombre di questa riforma incompiuta?
Uno dei problemi più immediati che gli enti no-profit hanno dovuto affrontare, è stato l’adeguamento dello Statuto. Molte associazioni, non sono ancora riuscite ad adeguarsi sia per le difficoltà interpretative dei vincoli legislativi che per la contestuale poca esperienza dei notai nella trattazione della cosa, anche in ragione dei numerosi slittamenti, che i vari Governi che si sono succeduti, hanno comportato. Di conseguenza, mancando l’adeguamento dello Statuto, manca poi il presupposto oggettivo per l’iscrizione nel Registro Unico del Terzo Settore (Runts) e qui abbiamo notato come diverse siano state le interpretazioni “ territoriali” tra i vari centri di acquisizione delle domande.
Una parte fondamentale del rapporto tra le organizzazioni del Terzo settore ed i propri collaboratori, sembrano rimanere: a) i contratti di lavoro; b) la gestione del volontariato; c) la sicurezza, igiene e salute; d) le assicurazioni. Ci può declinare se la riforma ha dato o sta dando impulsi di miglioramento nelle varie aree?
La riforma si è ovviamente innestata ad altre norme ( vedi il TU 81-08 e sue s.m. e i. o anche il Reg.to UE 679/16 per la privacy o il Dlg 231/01 quando sono coinvolte organizzazioni soggette a norme più stringenti sulla Governance ) ed ha sollecitato tutte le organizzazioni coinvolte dalla riforma ad una attenzione e compliance molto più rigorose rispetto al passato. A noi è capitato di analizzare preventivamente organizzazioni interessate ai ns. servizi ed abbiamo voluto e dovuto prevenire situazioni spiacevoli chiedendo ai soggetti richiedenti di esibire sia documentazioni appropriate sia azioni di auto vigilanza, indispensabili per essere effettivamente in sintonia non solo con la riforma ma anche con una modalità strategica e gestionale più opportuna in un universo veramente cambiato. Di certo, le organizzazioni che sono guidate da veri Manager illuminati o ex Manager di aziende private soggette a certificazioni rigorose, sono state avvantaggiate.
Una cosa che subito è apparsa evidente con la genesi della riforma è l’impossibilità dello Stato di svolgere i minimi controlli di conformità, come del resto avviene sui temi quotidiani e dolorosi della salute e sicurezza nei posti di lavoro. Cosa può fare una organizzazione del Terzo Settore per adeguarsi alla riforma e contemporaneamente rendersi ancora più virtuosa nel suo consolidarsi?
Il dualismo tra requisiti di legge e linee guida e l’attuazione di controlli è il classico problema di molte leggi emendate nel nostro paese. Se qualche controllo in più forse c’è stato è mancato totalmente un sistema organico di verifiche da parte del legislatore se non nei rari casi in cui altri tipi di indagini (esempio GdF) o segnalazioni anonime, hanno fatto aprire fascicoli di esame. Qui basterebbero la capacità e la volontà delle organizzazioni del Terzo settore, di attuare di loro sponte quei controlli e quelle azioni di miglioramento dei propri modelli gestionali, utilizzando – in parte le linee guida messe a disposizione nel tempo (es: sul bilancio sociale e sulla valutazione di impatto sociale), ed in parte per perseverare almeno ai principi etici e di qualità dell’organizzazione. Certo una certificazione di parte terza è una innovazione fondamentale in questo senso perché aiuta sia il legislatore (togliendogli in parte l’onere dei controlli a tappeto …che non è comunque in grado di fare), sia per aumentare negli stakeholder la percezione di un indirizzo di trasparenza autonomo voluto e perseguito dalla stessa organizzazione, facendo capire quali sono gli ETS più meritevoli rispetto a quelli che non lo sono.
Secondo Lei, perché le organizzazioni del Terzo settore sono ancora restie ad intraprendere autonomamente percorsi virtuosi che potrebbero peraltro facilitare l’accrescimento della loro reputazione e la presa di visione strategica di chi le guida?
Purtroppo il grosso limite delle organizzazioni del Terzo Settore è che con l’avvento della riforma, troppe figure apicali sono rimaste le stesse quando era evidente la necessità di inserire professionalità ed esperienzialità più innovative per assecondare al meglio l’attuazione della riforma e perché figure apicali “cristallizzate” impedivano l’intrapresa di nuovi scenari innovativi. Le stesse cronache dei media hanno anche svelato quanto il “malaffare” era concretizzato e guai modificare lo status quo che consentiva vantaggi sovente loschi. Pochi ancora sono gli enti con dei responsabili dotati di una visione strategica innovativa tale da capire la rinnovata importanza della “reputazione” dell’Ente, anche in riferimento alle accresciute esigenze (implicite ed esplicite) degli stakeholder da individuare e da coinvolgere.
Che cosa proporrebbe, al fine di promuovere definitivamente la regolamentazione del Terzo settore?
Tra le prime cose pratiche suggerirei alcune semplificazioni burocratiche circa il processo di iscrizione e di aggiornamento ricorrente dei dati, al fine di agevolare l’iscrizione ed il mantenimento al RUNTS tipo:
- delegare responsabilità e ruoli anche dei soggetti esterni agli organi degli ETS
- cancellare l’obbligo di firma digitale sul bilancio per tutti gli ETS, con importi inferiori ad esempio ai 220 mila euro
- utilizzare le reti associative, affinchè trasferiscano in modo massivo, tutti i dati raccolti e verificati dei loro associati
Ma sicuramente anche una azione seria di rigore reputazionale per evitare che i donatori ed i volontari scappino (come sta succedendo dal Covid in poi e dai gravi scandali anche prima del Covid) e mettano in pericolo la “stabilità” finanziaria ed etica dell’intero settore così importante per il paese. Uno scandalo giunto ai media rovina la reputazione di tutte le organizzazioni che vengono percepite come “simili“ e potenzialmente critiche, mentre abbiamo notato come gli ETS certificati si distinguano fortemente per una migliore visibilità e riconoscibilità.
(*) Laureata in Scienze Politiche – indirizzo economico – all’Università di Pisa e successivi Master alla SDA Bocconi e corsi di perfezionamento alla Scuola Superiore di Pisa, dal 1992 esercita la professione di Consulente del lavoro iscritta all’Ordine di Milano. Avvia, sempre a Milano, un Innovativo studio di consulenza del lavoro e col tempo fonda diverse società correlate per l’elaborazione del payroll, ideatrice di trasmissioni televisive di successo sulle PMI. www.centurionpayroll.com
Comunicazione a cura della Redazione con il contributo di Aachen