Premessa – L’oggetto della nostra intervista prende le mosse da un recente episodio di cronaca che ha visto coinvolta l’Associazione UNITI PER CREMONA fortemente voluta dal Sindaco di Cremona e dalla Fondazione ARVEDI, che ne hanno segnalato e patrocinato gli organi di governo societari, per la gestione strategica ed operativa nel periodo Covid e post Covid. Purtroppo, contrariamente a tutte le possibili felici aspettative, la raccolta fondi – nata sotto i migliori auspici per il benessere e il rilancio del territorio – ha visto abbattersi profonde criticità di illegalità gestionali avviate da segnalazioni varie relativamente a possibili azioni criminose di sottrazione dei fondi raccolti di cui alle donazioni ricevute. Le indagini hanno inevitabilmente coinvolto sia il Comune di Cremona che la Fondazione Arvedi – in pratica i due “soci” promotori – additabili per culpa in negligendo per gli illeciti contestati proprio al management da loro sponsorizzato accusato di aver distratto i fondi ricevuti per le finalità dell’ente destinandoli a scopi ed interessi personali, in danno ai donatori e alla collettività.
Anche questo, come molti altri casi, ha dimostrato la fragilità, nei fatti, di idonei controlli come previsto dalla riforma del Terzo Settore. Il colpo sul territorio è stato pesantissimo e non solo per la sottrazione di fondi importanti ma, soprattutto, per la perdita di fiducia (per l’evidente ed accertata negligenza) nelle Istituzioni che hanno fortemente voluto il progetto.
Sia il Comune, sia la Fondazione dovranno (con molta fatica e col passare del tempo) recuperare la propria reputazione per riacquisire la fiducia della collettività mentre sono arrivate le prime condanne ed alcuni patteggiamenti. Questi fatti – come molti altri (ad esempio UNITALSI, CARITAS BERGAMO giusto per evidenziarne tipologie diverse) – sono tutti accaduti dopo l’entrata in vigore delle leggi di riforma (106/16 e 117/17) e l’emanazione, a spizzichi e bocconi, di nuovi decreti attuativi varati successivamente dai vari governi che si sono succeduti al Governo Renzi, aprendo pesantissimi crepe nella fiducia dei donatori verso tutti quei soggetti che reclamano sostegni.
Grazie Avvocato Lambrou per il Suo gradito e prezioso contributo. Il caso dei rapporti disonesti di organizzazioni del Terzo Settore e sostenitori, sponsor di aziende e da parte di EE.PP. come configura lo scenario in premessa?
Al di là della legislazione e delle sanzioni per la mancata coerenza legislativa è evidente che – e non solo nel territorio di riferimento – la Fondazione dovrà negli anni recuperare con grandi sforzi la reputazione persa in pochissimo tempo e provare a riacquistare la fiducia della collettività. Questi temi purtroppo sono propri di molti enti che operano nel Terzo Settore e riguardano anche molte aziende che sostengono organizzazioni del Terzo Settore, anche se non obbligate dai requisiti di cui al DL 231/01 sulla Responsabilità Amministrativa degli Enti. La riforma del Terzo Settore è ancora pesantemente incompleta e non contiene norme idonee a garantire la corretta attività degli enti che vi operano. Sarebbero opportuni ulteriori strumenti (e manager più qualificati), oltre ai controlli che lo Stato non sarà mai in grado di fornire. Sicuramente sarebbe utile, per gli enti, implementare sistemi di certificazione che supportino il settore e garantiscano maggiormente gli stakeholder e i finanziatori con azioni volontarie virtuose, dotandosi autonomamente di sistemi che ne garantiscano una gestione etica, corretta e lecita adottando i relativi modelli organizzativi e di gestione di cui anche alla legge 231/01, dando esecuzione alla normativa in materia di whistleblowing ed avvalendosi della costante consulenza ed assistenza di persone competenti che con la loro professionalità possono evitare danni economici e reputazionali come quelli cui è stata oggetto la Fondazione sopra citata.
La riforma del Terzo Settore sicuramente ha portato ad importanti cambiamenti nel quadro giuridico che regola le organizzazioni ed il loro rapporto con il diritto del lavoro tuttavia, alcuni aspetti – oggetto di forte critica – potrebbero essere migliorati.
Per ciò che riguarda il diritto del lavoro, la riforma ha introdotto regole specifiche per le organizzazioni del Terzo Settore, anche se alcune critiche si possono certamente muovere in relazione alla mancanza di chiarezza delle norme e alla necessità di definire meglio i diritti dei lavoratori del Terzo Settore per evitare abusi. Inoltre, altro tema importante è la sicurezza sul lavoro che è un aspetto che ha molte criticità in generale e ciò ancor più per le organizzazioni del Terzo Settore che impiegano volontari o lavoratori che non sempre vengono adeguatamente formati e informati. La riforma potrebbe essere migliorata con regole più chiare e specifiche per garantire la sicurezza sul lavoro in tali organizzazioni, promuovendo formazione e procedure idonee. Altro aspetto critico è quello relativo alla maggiore attenzione alla trasparenza e all’accountability delle organizzazioni del Terzo Settore. La riforma ha cercato di regolare meglio l’operato delle organizzazioni e ha introdotto nuove norme per promuovere la trasparenza e la legalità. Tuttavia, come già evidenziato, mi pare necessario un monitoraggio e un controllo più efficaci nonché sanzioni più severe per prevenire e punire eventuali abusi o reati commessi nel contesto delle organizzazioni stesse.
Torniamo al DL 231/01 – nota come “Legge sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche” – che prevede l’obbligo per le società, comprese le organizzazioni quotate in borsa e altre di rilevante importanza e che svolgano attività nel sociale, di adottare e sviluppare modelli di organizzazione, gestione e controllo (MOG) al fine di prevenire la commissione di reati da parte dei loro rappresentanti, amministratori, dipendenti e collaboratori.
Si è rilevato dalle cronache e dai media che modelli come la 231/01 (molto attenta ai crimini finanziari, quelli sul lavoro e sull’ambiente) sono ancora poco applicati, poco sanzionati. Questi modelli – pensati a tavolino per promuovere la legalità e per prevenire comportamenti illeciti all’interno delle organizzazioni – mostrano gravi crepe e lacune sia per la continuità di mancata adozione che per l’inadeguata implementazione dei modelli di organizzazione e gestione stessi previsti dalla legge. Al di là della sola italiana inevitabile incertezza interpretativa, le organizzazioni hanno spesso difficoltà nel decifrare le disposizioni della legge 231/01, nell’adattarle alle loro specifiche esigenze ma è anche vero che la stolta resistenza al cambiamento da parte di molte di loro fa sì che diverse organizzazioni siano riluttanti a cambiare le proprie pratiche di gestione e cultura aziendale per conformarsi alle nuove disposizioni normative. È altresì vero – ed è importante sottolinearlo – che, sebbene ci possano essere casi in cui le organizzazioni non adottano adeguatamente i modelli 231/01 o i controlli e le sanzioni non siano applicati in modo rigoroso – ci sono organizzazioni in Italia che seguono correttamente le disposizioni della legge e sviluppano modelli di organizzazione efficaci anche al di là del limite minimo che le leggi sovente dispongono per prevenire la commissione di reati.
Quali potrebbero essere allora gli stimoli per i Consigli di Amministrazione e le loro organizzazioni per essere più virtuose?
Ci sono diverse azioni che gli Enti del Terzo Settore possono intraprendere per attuare controlli più efficaci e dimostrare un impegno genuino verso la buona governance, partendo dalla vera e profonda volontà strategica ed applicativa di creare una cultura della trasparenza (non false intenzioni e carta ridondante poco efficace per la causa). E’ fondamentale ad esempio che le organizzazioni del Terzo Settore promuovano una cultura di trasparenza a tutti i livelli che includa la divulgazione delle informazioni finanziarie e operative in modo aperto, chiaro ed accessibile; che vengano attuate costantemente e stabilite procedure e politiche chiare per la gestione delle risorse e delle attività dell’organizzazione che dovrebbero essere documentate e comunicate ai volontari, al personale e, se possibile, ai terzi; che il management preposto alla supervisione dell’attività in modo effettivo e concreto sia rappresentato da persone seriamente capaci, al di sopra di ogni sospetto, pionieri della verità che non vengano a ricercare il cimitero degli elefanti del post boiardismo e – non ultimo – che si confrontino con il nuovo che avanza staccandosi dalle logiche di convenienza e di consuetudine.
Oltre ad avere Manager più illuminati di quelli attuali e formati ai nuovi scenari di competitività e di compliance, quali altri elementi potrebbero essere utili per le organizzazioni nella loro corsa al miglioramento?
Oltre al fatto che il management e/o gli amministratori dovrebbero essere selezionati in virtù delle loro specifiche competenze e capacità di contribuire in modo significativo e concreto al raggiungimento del fine dell’ente, bisognerebbe garantire formazione continua ai membri del consiglio/al management, al personale e ai volontari affinché comprendano appieno le loro responsabilità e i loro doveri anche in materia di governance, di etica e di trasparenza. Le politiche e le procedure dovrebbero essere periodicamente riviste ed aggiornate per assicurarsi che siano conformi alle migliori pratiche e alle norme e interpretazioni vigenti; andrebbero condotti con costanza, quasi maniacale, audit indipendenti delle attività amministrative ed organizzative per garantire la conformità e l’integrità finanziaria; si dovrebbero coinvolgere attivamente gli stakeholder, tra cui donatori, membri e beneficiari, nella governance dell’organizzazione, in quanto possono fornire un controllo esterno importante. I risultati ottenuti dall’organizzazione e come i fondi sono stati utilizzati per raggiungere gli obiettivi dovrebbero essere comunicati in modo trasparente. Per terminare – ai fini della responsabilità dell’ente e delle persone coinvolte – ci si dovrebbe assicurare che l’organizzazione sia condotta in conformità con tutte le leggi e i regolamenti in vigore e che rispetti gli standard etici e di buona condotta, compresi i modelli organizzativi previsti dalla legge 231/01 in materia di whistleblowing.
Per affrontare il problema dei controlli insufficienti nel Terzo Settore in Italia e garantire una maggiore tutela degli stakeholder, quali strumenti vede al momento immediatamente disponibili?
Certamente sarebbe necessario assegnare maggiori risorse finanziarie e umane agli enti governativi responsabili dei controlli nel Terzo Settore, al fine di rendere possibili ispezioni più frequenti e approfondite (qualora ci fosse questa reale volontà politica di tutelare gli stakeholder) e sarebbe necessario assicurarsi che gli organi di controllo siano indipendenti dalle organizzazioni stesse e abbiano i poteri necessari per condurre verifiche complete e imparziali; oppure dirottare le ispezioni o sulla base di segnalazioni pervenute dall’interno delle organizzazioni stesse (volontari o dipendenti che mandano segnali di non appropriata gestione delle organizzazioni) o dagli stakeholder o rimandare, in seconda e terza battuta, a quelle organizzazioni che – essendosi dotate autonomamente di certificazioni secondo i rigidi principi di terzietà e non di “autodiplomismo” – garantiscono una maggiore tutela di trasparenza gestionale – (come nel caso dell’OLC – www.certificazioneonlus.org – utilizzato dall’associazione FEDERCONTRIBUENTI – www.federcontribuenti.it – come parametro di riferimento per la tutela di donatori, siano essi imprese o privati). Condurre valutazioni dell’impatto sociale per misurare i risultati delle attività finanziate oltre a una gestione amministrativa più seriamente responsabile e sostenibile delle risorse, evitando sprechi e conflitti di interesse, facendo una rendicontazione regolare che sia resa nota, sono tutti elementi che possono aiutare ad aumentare la credibilità e la reputazione di un ETS.
Con oltre 30 anni di esperienza presso primari studi legali nazionali ed internazionali nel marzo 2017 Monica Lambrou – iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine di Milano – dal gennaio del 1994 – fonda il suo Studio Legale Lambrou & Partners. Lo Studio assiste grandi e medie imprese italiane ed estere in tutti i settori del diritto civile, compreso il diritto societario – inclusa la responsabilità penale delle persone giuridiche e la privacy e il diritto fallimentare -, inoltre si occupa di società di benefit e di diritto del lavoro in tutti i suoi aspetti; in particolare in tali ambiti lo Studio assiste sia società quali dirigenti, soci e amministratori e personale dirigente, che privati. Lo Studio già in data 8 novembre 2018, ha vinto il Premio Internazionale Le Fonti Awards come “Laboratorio dell’anno per l’eccellenza nel diritto del lavoro Rising Star”. Nel dicembre 2022, l’avvocato Monica Lambrou è stata nominata Consulting Partner dello studio legale internazionale ABS&P, leader nel contenzioso internazionale. Con questa nomina, Lambrou & Partners è in grado di rispondere alle esigenze di clienti nazionali e internazionali nei settori del diritto ADR, commerciale, societario, del lavoro e penale. L’avv. Monica Lambrou – laureato in Giurisprudenza presso l’Università Statale degli Studi di Milano, con tesi sulle “associazioni non riconosciute” – collabora inoltre con importanti quotidiani e riviste di approfondimento, tra i quali, tra i più seguiti: “Il Sole 24 Ore”, “Diritto e Pratica del Lavoro” e “Norme in Pratica” editi da IPSOA, “HR Online” di A.I.D.P e “LavoroPiù” e “DirittoPiù”, editi da Giuffrè. La conoscenza del Terzo Settore è oltremodo rafforzata da attività di interesse sociale e volontariato.
Comunicazione a cura della Redazione con il contributo di Aachen