Get It Fair è il primo schema di Responsible Labelling che persegue l’obiettivo di valutare e raccogliere informazioni sui rischi relativi agli aspetti di responsabilità sociale lungo le filiere di fornitura e trasformarle in strumento che consente al consumatore finale l’esercizio di scegliere in modo responsabile.
In un prossimo futuro il consumatore entrerà in un negozio e, al momento di scegliere, punterà il suo smartphone su un QR code sull’etichetta del prodotto e vedrà comparire sul display l’elenco dei fornitori coinvolti nella sua produzione e chi, tra tali fornitori, fornisce informazioni affidabili e verificate sul luogo in cui il prodotto è realizzato e sullo stato dei rischi relativi alla responsabilità sociale.
In un negozio di Roma, semplicemente puntando su un’etichetta, potremo decidere se comprarla o meno sapendo il fornitore che l’ha cucita in Cambogia, il fornitore che ha prodotto il tessuto in Cina, il fornitore Indiano di coloranti e il campo in cui è stato raccolto il cotone in Uzbekistan.
La tecnologia e le piattaforme blockchain consentono già oggi di collegare intere catene di fornitura e di mettere a disposizione dei consumatori informazioni sulla loro sostenibilità e responsabilità sociale.
In effetti l’allungamento e il frazionamento delle filiere di fornitura su scala globale sta esercitando una forte spinta a una maggiore affidabilità e trasparenza delle informazioni relative ai rischi che minacciano la tutela dei diritti umani, la tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, la tutela dell’ambiente e le corrette pratiche commerciali.
Le giovani generazioni di consumatori (Millennials e Gen-Z) chiedono informazioni sempre più accurate per orientare la propria scelta. L’Unione Europea ha riconosciuto da tempo il diritto del consumatore di poter acquistare un prodotto avendo informazioni affidabili sulla sostenibilità e sulla responsabilità sociale del luogo in cui è stato realizzato e ora spinge i produttori per consentire l’esercizio di tale diritto.
La Direttiva 2014/95 (Recepita in Italia dal D.Lgs.254/2016) impone alle società quotate e di grandi dimensioni di allegare al bilancio un insieme di informazioni extra finanziarie relative alla governance, ai diritti umani, alla tutela della sicurezza e dell’ambiente. L’obbligo di informazione si estende alle filiere di fornitura. L’obiettivo di queste informazioni è quello di tutelare gli investitori da rischi di eventi che possono accadere lungo le filiere di fornitura e possono pregiudicare la reputazione e i costi dell’azienda.
ONU, OCSE ed altre organizzazioni internazionali stanno contrastando da tempo il social dumping, ossia la delocalizzazione di produzioni in paesi sempre più lontani dal luogo del consumo nei quali le normative e i controlli a tutela di diritti umani, condizioni di lavoro, sicurezza dei lavoratori e ambiente sono più deboli.
Nel “villaggio globale” l’aumento della distanza tra il luogo di consumo e quello della produzione è compensato dalla velocità con cui le informazioni circolano lungo le fibre ottiche. Se una fabbrica in una remota zona del Pakistan crolla o prende fuoco oppure una fabbrica in India scarica nelle acque dei fiumi prodotti chimici nocivi all’ambiente l’informazione circola immediatamente e rimbalza sui mercati di destinazione grazie al crescente attivismo di NGO ben organizzate.
La globalizzazione, la velocità di circolazione di informazioni, l’attivismo delle NGO e l’attenzione delle giovani generazioni ai social media e la recente attenzione dei media espongono le imprese a enormi rischi reputazionali e costi inattesi che possono minare fortemente la credibilità del marchio.
Le imprese si trovano così tra due fuochi: da una parte un consumatore sempre più attento nella scelta dei prodotti e più sensibile agli aspetti di sostenibilità del prodotto e di responsabilità sociale dei luoghi in cui è prodotto. Dall’altro lato la spinta esercitata dal quadro legislativo emergente e dalla crescente esposizione al rischio di costi reputazionali e finanziari derivanti dalla debolezza del sistema dei controlli lungo le filiere di fornitura e dall’attivismo di tante NGO sui social media.
Il sistema di controlli di prima parte (auto-dichiarazione dei fabbricanti) o di seconda parte (effettuati dai buyers sui proprio fornitori) ha mostrato molti limiti derivanti da diversi fattori: conflitti di interesse, assenza di modelli di riferimento condivisi, assenza di metodologie e metriche di valutazione trasparenti.
Come uscirne? Chi controlla un fornitore in India, Cina, Marocco o Brasile?
In che modo le imprese possono stimare i rischi potenziali cui sono esposte lungo le filiere di fornitura e trasformare tali informazioni in strumento di marketing verso il cliente, gli investitori e altri Stakeholders?
Nasce l’esigenza di un nuovo strumento: il responsible labelling, un’etichetta apposta sul prodotto sull’imballo che contiene informazioni relative a tutti gli aspetti della responsabilità sociale di una fabbrica (non di un prodotto) lungo le filiere di fornitura.
Get It Fair (www.getit-fair.com), primo schema di Responsible Labelling, si propone lo scopo di effettuare una valutazione di terza parte indipendente sui rischi lungo le filiere di fornitura e trasformare tali informazioni leva di marketing per consentire al consumatore finale di comprare in modo responsabile.
Get It Fair presenta i seguenti punti di forza rispetto ad altri marchi esistenti.
Coinvolgimento degli Stakeholders: il Framework utilizzato per la valutazione è stato sviluppato con il coinvolgimento di un ampio e rappresentativo numero di Stakeholders (Associazioni, imprese, Università, laboratori, media, ONG, etc.)
Riferimento a documenti internazionali: il Framework si fonda su linee guida OCSE sulla Responsible Business Conduct, sulla linea guida per la Due Diligence for Responsible Supply Chains e sulla norma ISO 26000 (Linee guida per la responsabilità sociale).
Visione olistica: il Framework prende in considerazione, in modo bilanciato, tutti gli aspetti della responsabilità sociale. Un criterio prende in esame elementi di un sistema di gestione per la responsabilità sociale e gli altri quattro criteri sono: Sociale (Diritti Umani e Condizioni di lavoro); Salute e sicurezza, Ambiente e Corrette pratiche commerciali.
Due diligence di terza parte indipendente: la valutazione di un fornitore e dei rischi relativi alla responsabilità sociale a cui espone i propri clienti è effettuata in accordo a una Due Diligence condotta da un soggetto di terza parte indipendente che assicura imparzialità, integrità e competenza.
Orientamento allo score: la metodologia utilizzata per la valutazione dei rischi si basa su un approccio quantitativo alla valutazione dei rischi che un determinato evento possa verificarsi e determinare un impatto avverso non solo sul fornitore ma anche e soprattutto sui propri clienti.
Sorveglianza periodica: in modo del tutto analogo a uno schema di certificazione anche Get It Fair prevede un ciclo di sorveglianze periodiche per tutto il periodo di validità del diritto d’uso dell’etichetta (Triennale) con un’innovazione: la frequenza delle sorveglianze non è fissa ma variabile in funzione del livello di rischio rilevato nel corso del primo Assessment (quanto più alto è il livello di rischio tanto maggiore è la frequenza delle sorveglianze).
Le aziende che decidono spontaneamente (o su “sollecitazione” dei propri clienti) a conseguire Get It Fair ricevono, al termine del processo di Due Diligence:
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Il diritto d’uso dell’etichetta responsabile Get IT Fair
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Un certificato che attesta il positivo completamento della Due Diligence
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Un rapporto finale che fornisce indicazioni in linea con i requisiti della Direttiva 2014/95
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Il diritto di pubblicazione per tre anni del marchio e della presentazione dell’azienda sul sito Get It Fair
Rilievi India (www.rilievi.com ), azienda italiana leader nella realizzazione di ricami per l’alta moda, è stata la prima a completare con successo la Due Diligence che le consente di utilizzare il marchio Get It Fair sulle etichette dei prodotti.
Get It Fair consente di ridurre duplicazioni, costi e i tempo richiesti per far fronte a molteplici audit: una sola Due Diligence fornisce una valutazione dei rischi su tutti gli aspetti di responsabilità sociale.
Il riferimento a linee guida e norme internazionali favorisce il confronto tra i risultati di valutazioni su fornitori in diversi paesi del mondo.
Get It Fair è promosso nel mondo dalla rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero che, in quanto luogo di incontro tra la business community locale e quella Italiana, sono il naturale soggetto istituzionale per svolgere una doppia funzione. Da un lato di assicurare la trasparenza e affidabilità alle informazioni sulla sostenibilità e sulla responsabilità sociale lungo le catene di fornitura e dall’altro promuovere sui mercati internazionali le imprese Italiane che si distinguono per l’implementazione di tali approcci.
Nasce una via Italica al Responsible Sourcing: italianità che coniuga i valori tradizionali con quelli emergenti della sostenibilità del prodotto e delle responsabilità sociale a vantaggio di un consumatore responsabile.